Andres Escobar: Il giocatore morto per un Autogol

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È possibile morire per colpa di un autogol? Si, se in mezzo ci stanno droga, narcotrafficanti e soldi, il tutto in uno stato criminale come la Colombia. Si, se si è Andres Escobar, il giocatore tradito da un (auto)gol.

Il difensore Colombiano

Colonna della nazionale. 

La sua carriera inizia a nel 1986, a 19 anni, nella squadra della sua città: l’Atletico Nacional di Medellin. Fin da subito si fa notare come uno dei migliori difensori colombiani in circolazione tanto da conquistare la nazionale 2 anni dopo, nel 1988. Si trasferisce in Europa nel 1989, agli svizzeri degli Young Boys. In Svizzera ci resta solo un anno, la nostalgia della sua amata Medellin è troppo grande e fa ritorno, nel 1990, all’Atletico Nacional. In Colombia diventa un idolo dei tifosi, per forza e attaccamento alla maglia. 4 anni dopo il suo ritorno la Colombia si qualifica per Usa ’94, Andres è chiamato ad essere la colonna difensiva di una nazionale zoppicante.

I cartelli della droga

Scommesse, pistole e rivalità. 

In quegli anni a dominare il sudamerica è la droga, con bande rivali in continua lotta tra loro per accaparrarsi il predominio dello smercio. Gli anni ’90 vedono il declino del principale cartello colombiano, il cartello di Medellin, al suo posto si sta affermando il cartello di Cali che però ha bisogno di soldi per prendere completamente il potere. Essendo il calcio lo sport nazionale i vari cartelli decidono di “investire” su di esso, con risultati agghiaccianti: minacce, rapimenti e incendi alle case di c.t., giocatori e arbitri sono quasi all’ordine del giorno. 

Il tragico autogol di Usa 94’

Al Mondiale che vede il Brasile uscirne vincitore dopo la lotteria dei rigori contro l’Italia in cui è fatale l’errore di Baggio, all’inizio della competizione ci si gioca qualcosa di ben più grande della Coppa del Mondo: la vita. Già perché quando di mezzo ci sono i propri affari, i vari cartelli della droga non badano ad usare le maniere delicate, e in quel momento il Mondiale fa’ da giudice per il predominio sui traffici di droga tra il cartello di Medellin e di Cali. La Colombia è una squadra con poco talento, gli unici a salvarsi sono Escobar e pochi altri. I Cafeteros si ritrovano nel girone con la Romania, gli Stati Uniti e la Svizzera. Alla prima partita, contro i rumeni, una doppietta di Raducioiu, a cui si aggiunge il gol del leggendario Hagi, stende la Colombia. Inutile il gol di Valencia, 2-1 il risultato alla fine dei 90 minuti. Alla seconda partita, contro gli Stati Uniti, avviene il fatto decisivo: al 35° minuto Andres Escobar devia un cross nella propria porta, autogol. La partita vede poi un gol a testa per entrambe le formazioni: Stewart per la nazionale a stelle e strisce e Valencia per i sudamericani, che valgono la vittoria finale degli americani per 2-1. La Colombia è condannata, inutile la vittoria per 2-0 contro la Svizzera, chiude all’ultimo posto il proprio girone e torna a casa. 

Le conseguenze

Escobar capro espiatorio 

Il cartello di Medellin, che aveva scommesso il passaggio agli ottavi della Colombia, è costretto a pagare ingenti cifre al cartello di Cali, che aveva fatto da allibratore clandestino. Questo significa la fine del predominio sul traffico di droga di Medellin, che sfiora il disastro economico ed è costretto a cedere il posto ai rivali. Ma i trafficanti della città di Medellin non ci stanno e di fronte ad una scommessa folle, piazzata su una Colombia non all’altezza delle rivali del proprio girone, trovano un capro espiatorio: Andres Escobar, il difensore che con il suo autogol avrebbe inciso, secondo i narcotrafficanti, sulla già certa eliminazione dei Los Cafeteros.

La morte

Il colpevole senza peccato. 

Tornato nella sua città natale il 2 luglio del 1994 Escobar decide di andare ad un ristorante con moglie e due amiche. Appena uscito dal locale, però, in pochi, ma determinanti, secondi avviene il disastro: viene avvicinato da un gruppo di uomini, molto probabilmente collegati al carrello di Medellin, che iniziano ad insultarlo per l’autogol al mondiale americano. La discussione dura poco, e si passa subito ai fatti. “Grazie per l’autogol”, dicono, e poi dodici colpi a crivellare il corpo della colonna della nazionale colombiana. Si spegne così brutalmente la vita di Andres Escobar ad appena 27 anni. 

Morire di autogol, morire perché dietro alle tue partite ci stanno gli interessi dei cartelli della droga, morire senza nessuna colpa, morire perché ingiustamente si è usati come capro espiatorio, morire “ringraziato” con 12 proiettili, morire da fenomeno della nazionale colombiana, morire a 27 anni, morire per mano della gente della tua città che fino a pochi mesi prima ti osannava, morire e dire addio alla vita. Morire perché, purtroppo, si è Andres Escobar, il giocare tradito da un (auto)gol.

Scritto da: Nico Foglieni

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